abstract: È il 1955. In occasione di una conferenza tenuta all’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, Richard Feynman ha un'improvvisa pausa di riflessione. Dopo una disordinata ricerca, caccia fuori dalla tasca un foglietto spiegazzato e lo contempla a lungo. Poi sorride e si mette a declamare una lunga brutta poesia sulla moderna teoria della struttura della materia: “(…) In piedi davanti al mare Meravigliato della propria meraviglia: io Un universo di atomi Un atomo nell’universo.” “È vero che pochi non scienziati fanno questa particolare esperienza religiosa,” commenta Feynman. “I nostri poeti non ne scrivono; i nostri artisti non tentano di raffigurarlo. Nessuno si sente ispirato dalla nostra immagine attuale dell’universo? Non siamo ancora in un’era scientifica.” Dopo oltre mezzo secolo, la nostra era continua a essere molto tecnologica e pochissimo scientifica. Nelle arti, a cercar bene, troviamo spesso i nomi della scienza. Ma la scienza non è un arido elenco di nomi e teoremi. Nella scienza esistono la callida iunctura, i neologismi, la rottura del noto. C’è di più: chiunque abbia studiato scienza, sa bene che capire un meccanismo scientifico, comporta – nello sforzo di visualizzazione del significato – la creazione di immagini e l’evocazione di stati d’animo. A volte sono solo istantanee che non fanno parte di un processo dinamico di comprensione. Ma servono a trasformare la formula, per esempio, in materia familiare. La volta successiva si riparte da lì: non c’è più bisogno di capirla razionalmente. Se tutto questo è vero, allora è possibile provare a inaugurare un rapporto nuovo con la narrativa, basato su una esperienza poetica arricchita: la scienza può essere sorgente di materiale fluido, da costruzione. Materia da plasmare. È possibile tentare di allargare lo spazio letterario classico attraverso nuove categorie di pensiero, per costituirne uno più ampio. Questo abbiamo provato a fare con l’antologia Tutti i numero sono uguali a cinque, che raccoglie ventuno racconti di ventuno scrittori diversi che hanno una forte base scientifica. Ventuno voci che emergono dal profondo della cultura di ciascun autore, ma anche dai suoi pregiudizi, dal suo modo di essere persona, dalla sua visione della società, del mondo. Ventuno modi per mostrare che la scienza, come la poesia e il pane, fa parte del modo di essere di quegli uomini e di quelle donne che la frequentano, che la sentono, che lasciano che idee, emozioni, sensazioni scivolino dentro di loro ed esplodano in narrazione. Ventuno storie, per ribadire che la letteratura è un momento privilegiato per riflettere sul mondo e sulla realtà, e che gli occhi della scienza non sono lenti deformanti, ma aggiungono dimensioni ignote, dimensioni di poesia, di cambiamento, di speranza: perché solo comprendendo le regole, sarà possibile spezzarle.